di Giulia Fabrizi

Almar Quality Research

Ricercatrice qualitativa, Psicologa, fondatrice di Almar Quality Research, un Istituto di Ricerche Sociali e di Marketing, con sede a Milano. Orgogliosa socia di Ampioraggio, Fondazione di Partecipazione dal 2022.

Restare per cambiare: giovani e futuro a Campobasso

Restituzione Sessione di LEGO® SERIOUS PLAY® 3.10.25

Il 3 ottobre 2025, nell’ambito di Fuori Jazz’Inn, un gruppo di una trentina di ragazzi e ragazze under 30 si è incontrato per partecipare ad un laboratorio speciale, realizzato con la metodologia LEGO® SERIOUS PLAY® (LSP).
LSP è un approccio innovativo e partecipativo che permette di ‘pensare con le mani’, dare forma alle idee e tradurre, in modelli concreti, emozioni e visioni spesso difficili da esprimere a parole.
Nel metodo LSP tutti partecipano, nessuno rimane indietro e nessuna voce viene esclusa. Ogni partecipante costruisce, con i mattoncini, una metafora tridimensionale della propria rappresentazione del mondo: un piccolo modello che diventa linguaggio comune, ponte tra il pensiero interiore e la realtà condivisa. Attraverso il processo di costruzione, le mani attivano pensieri profondi, si connettono gli emisferi destro e sinistro e ciò che resta invisibile o non detto trova finalmente un modo per emergere. È un ‘serious play’ (‘gioco serio’), appunto, che aiuta a capire se stessi, gli altri e il contesto in cui si vive, attraverso metafore in 3D.

Il tema del laboratorio è stato:
I motivi dello spopolamento, idee per evitarlo e per immaginare la Campobasso ideale nel 2030.
Il risultato è un racconto collettivo di emozioni e sogni, un intreccio di simboli e parole che parlano di giovani sospesi tra il desiderio di trovare se stessi e la paura di perdersi, tra la forza delle radici e la voglia di libertà, tra l’isolamento e la ricerca di nuove connessioni.
Le parole più spesso citate per descrivere i vari modelli sono state, in positivo e in negativo:

Attraverso l’ascolto dei racconti di ciascun giovane, si è giunti a queste 6 conclusioni:

1. Giovani alla ricerca di Sé: tra sogni, paure e voglia di autenticità

Le parole che più spesso sono emerse (Ambizione, Libertà, Coraggio, Identità, Rinascita) parlano di un universo giovane in continuo movimento, pieno di domande e di energia.
Sono ragazzi e ragazze che vogliono realizzarsi, ma non seguendo modelli già scritti. Vogliono scegliere, sperimentare, trovare la propria strada senza sentirsi giudicati.

Non voglio per forza andarmene, ma voglio sentire che qui posso diventare quello che sogno di essere.

Abbiamo tante idee, ma spesso mancano i luoghi dove poterle mettere in pratica.

Come spiegano gli psicologi dello sviluppo, questa è la fase dell’“identità contro la confusione di ruolo”: è il tempo delle scelte, ma anche dei dubbi.
E i giovani di Campobasso lo sanno perché riconoscono la paura, la fragilità, ma le affrontano con una consapevolezza nuova: non negano le emozioni, le trasformano. Cercano equilibrio, leggerezza, autenticità.

Mi piace la mia città, ma a volte mi sembra che non mi veda.

Non cercano scorciatoie: chiedono spazi veri di espressione e di riconoscimento, luoghi in cui il talento possa essere valorizzato e la creatività possa essere utilizzata per contribuire alla rinascita del territorio.

2. Il doppio volto dell’isolamento: risorsa e limite

Il concetto di isolamento è molto presente tra i giovani di Campobasso.
Ha un doppio volto:
Da una parte è una risorsa: vivere lontani dai grandi flussi può voler dire preservare un’identità unica, uno stile di vita più lento, relazioni più sincere, un contatto vero con la natura, che in questa regione è molto sentita e vissuta.

Qui ci conosciamo tutti, c’è ancora umanità. Non siamo numeri.

Campobasso è piccola, ma mi dà respiro: posso fermarmi, pensare, essere me stesso.

“Essere isolati”, in questo senso, significa non essere omologati, costruire una forma diversa di bellezza e autenticità.

Dall’altra, però, l’isolamento è anche un limite: vuol dire sentirsi fuori dai circuiti, tagliati fuori da opportunità e ascolto, “lontani” non solo geograficamente, ma anche emotivamente.

È come se il mondo andasse avanti e noi fossimo sempre un passo indietro.

Ci sentiamo spesso tagliati fuori: poche connessioni, poche occasioni e pochi treni… in tutti i sensi!

La mancanza di collegamenti e connessioni – fisiche, digitali, istituzionali – alimenta la sensazione di non essere visti, di non contare abbastanza.
È in questa tensione che nasce il desiderio di lasciare la propria terra: non per fuggire, ma per trovare uno spazio in cui sentirsi sé stessi, riconosciuti e soddisfatti.
Eppure, se Campobasso riuscisse a trasformare quel senso di isolamento in possibilità di espressione personale, molti di loro sceglierebbero di restare.

Non voglio scappare. Vorrei solo che Campobasso mi desse un motivo per restare.

3. Campobasso come “luogo sicuro”, che deve favorire la crescita dei giovani

Quando i giovani descrivono la loro città, usano parole ‘calde’: Casa, Famiglia, Natura, Quiete, Porto sicuro. Campobasso è la loro base sicura: il luogo da cui partire e a cui tornare, il nido che dà forza e protezione.

Mi piace tornare qui dopo aver viaggiato. È come rientrare in me stessa.

Ma un porto sicuro, se non evolve, può diventare una gabbia che non promuove la crescita dei giovani.
Il rischio è che la lentezza si trasformi in immobilità, che la tranquillità diventi chiusura, che la familiarità soffochi la curiosità.

Campobasso è casa, ma a volte è una casa che non sa cosa farsene di noi.

Per restare, i giovani chiedono una città che sappia rinnovarsi, che offra opportunità di crescita e connessione, ma senza perdere la sua umanità e la sua lentezza.

4. Immaginare Campobasso 2030: una città che ascolta, cresce e connette

Durante la sessione di LSP, i partecipanti hanno immaginato di essere Sindaci della città.
Sono emerse visioni lucide, mature e piene di speranza:

Se fossi sindaco, aprirei spazi dove le idee dei giovani diventano progetti.

Vorrei che ci venisse chiesto: cosa vi serve per restare?

Nelle loro costruzioni e racconti è emersa una Campobasso ideale una città viva e accogliente, capace di guardare avanti senza perdere la sua umanità.

Una città che nel 2030 avrà queste caratteristiche:

  • partecipativa, dove i giovani vengono ascoltati attentamente e possono contribuire alle decisioni;
  • universitaria e innovativa, dove la formazione diventa il trampolino per costruire il proprio futuro offrendo opportunità concrete;
  • connessa, nei trasporti, nelle reti digitali e soprattutto nei legami tra le persone;
  • verde e sostenibile, capace di valorizzare tutte le risorse naturali, la cultura e il benessere condiviso;
  • creativa e comunicativa, in grado di raccontarsi facendo conoscere al mondo i suoi talenti nascosti.

Non si tratta solo di infrastrutture o di economia, questi ragazzi vogliono dare un senso a ciò che fanno, vogliono sentirsi parte attiva di un progetto, non semplici spettatori del cambiamento.
Come spiegano Deci e Ryan con la teoria dell’autodeterminazione, la motivazione nasce quando sono soddisfatti tre bisogni fondamentali: autonomia, competenza e relazione. Ecco la chiave per trattenere i giovani: dare loro la possibilità di scegliere autonomamente, di diventare competenti e di appartenere ad una comunità capace di creare relazioni solide.

5. Campobasso, un laboratorio di futuro

Campobasso non deve snaturarsi, deve mantenere e rafforzare la sua identità e aprirsi, connettersi con il mondo per far conoscere il proprio valore.
Una città dove la lentezza non è pigrizia, ma una forma di cura e di attenzione; dove l’isolamento non è chiusura, ma identità in connessione con il resto del mondo, dove tradizione e innovazione vanno di pari passo.
Campobasso può essere un laboratorio di futuro: un luogo che non chiede ai giovani di adattarsi, ma cresce con loro, ascoltandoli, includendoli, lasciandosi contaminare dalle loro idee.

Non vogliamo che ci risolvano i problemi. Vogliamo solo essere messi in condizione di farlo noi.

I ragazzi e le ragazze che hanno partecipato al laboratorio non cercano promesse, ma fiducia, ascolto e spazio.
Chiedono di essere considerati protagonisti del cambiamento, non spettatori.
Perché il futuro di Campobasso non si costruisce per i giovani, ma insieme a loro. E in questo “insieme” sta il seme di una nuova rinascita collettiva.

6. Far sentire la propria voce: il coraggio silenzioso dei giovani di Campobasso

Rispetto ai coetanei di altre città italiane, i giovani di Campobasso, e più in generale anche dei borghi e dei piccoli centri, vivono una condizione più intima, più umana ma anche più silenziosa.
Nelle metropoli, i ragazzi si confrontano ogni giorno con un eccesso di stimoli, competizione e opportunità, ma spesso si perdono in un rumore che confonde e disperde. A Campobasso accade l’opposto: poche occasioni, ma tanto desiderio di crearle e distinguersi.

A Milano ti senti uno tra mille. Qui ti senti solo, ma sai che puoi fare la differenza.

Mentre nelle grandi città la sfida è trovare spazio tra troppe voci, nei contesti più piccoli la sfida è essere ascoltati davvero.
I giovani richiedono uno spazio dove poter far valere il proprio talento e dove possano essere riconosciuti.
C’è poi qualcosa che li distingue profondamente: una fame autentica di conoscenza, di esperienze, di contatto umano con professionisti.

Vorrei poter imparare da chi ce l’ha fatta, da chi vive di ciò che ama.

Abbiamo fame di esperienze vere, non solo di teoria.

I giovani di Campobasso esprimono un forte bisogno di conoscenza e di contaminazione: vogliono confrontarsi con professionisti, mentori, docenti, artisti, non per imitare, ma per imparare facendo.
Non chiedono lezioni frontali, ma esperienze condivise. Vogliono crescere attraverso il contatto con chi ha costruito il proprio percorso, perché vedono nell’apprendimento una forma di emancipazione e di appartenenza.
Nei borghi e nelle città più piccole, il desiderio di imparare e restare è intrecciato al bisogno di essere ascoltati e valorizzati.
E forse la chiave di lettura è proprio questa: la distanza geografica non separa, se chi ha voce e strumenti – Istituzioni, Università, Associazioni e reti professionali – sceglie di andare incontro ai giovani, di raggiungerli nei loro spazi, di riconoscerli nel luogo in cui vivono.
A volte per accorciare le distanze basta fare il primo passo verso di loro.

Conclusioni e proposte

Campobasso, per i suoi giovani, è già ‘casa’, le si chiede di diventare anche il luogo in cui costruire il proprio futuro, quello in cui si sceglie di restare.
Restare non deve essere sinonimo di ‘rinunciare’: è scegliere di credere che da questa collina, un po’ isolata ma piena di energia, possa realizzarsi una rinascita collettiva, un cambiamento.
Una rinascita fatta di autenticità, connessioni e conoscenza, dove ogni giovane possa dire:

Qui mi sento ascoltato. Qui posso imparare, crescere e costruire qualcosa di mio.

Perché trattenere i giovani non significa convincerli a restare: significa offrire loro motivi per scegliere di farlo.
Per una città come Campobasso, il passo successivo è trasformare l’ascolto in azione.
Occorre pensare a iniziative che non siano semplici eventi, ma percorsi di crescita, collaborazione e innovazione sociale, da svolgere nel tardo pomeriggio durante la settimana o nei fine settimana.
Queste iniziative, ad esempio, potrebbero rispondere ai 3 bisogni chiave emersi dalle voci dei giovani:

  1. Essere ascoltati e considerati
    I giovani chiedono dialogo autentico e partecipazione reale. Attività di co-progettazione, forum giovanili e laboratori creativi possono trasformare la distanza istituzionale in fiducia reciproca restituendo loro voce e responsabilità nelle decisioni pubbliche. L’obiettivo non è solo ascoltarli ma coinvolgerli nella costruzione del cambiamento.
  2. Imparare e crescere insieme
    C’è una richiesta di conoscenza ed esperienze concrete. Laboratori tematici, mentorship con professionisti, possono diventare spazi formativi. In questo modo si rafforza la motivazione a restare, perché si percepisce che la città crede nel loro talento e offre strumenti concreti per la loro crescita.
  3. Connettere persone e luoghi
    IL bisogno di connessione è infrastrutturale ma anche umano. Progetti di storytelling territoriale, reti digitali partecipative possono costruire ponti tra generazioni, competenze e comunità. L’isolamento così smette di essere una barriera e diventa energia condivisa, un’identità che si apre e dialoga con il mondo.

Se Campobasso saprà ascoltare, coinvolgere e connettere, potrà diventare una città che non perde i suoi giovani, ma cresce insieme a loro.
Occorre trasformare la lentezza in cura, la distanza in vicinanza, l’isolamento in energia generativa.
Restare a Campobasso non significa fermarsi, significa scegliere di cambiare, di costruire futuro e di credere in una rinascita possibile – personale, collettiva, territoriale.
Ogni vera rinascita comincia così: da chi sceglie di restare per cambiare.